Nel mondo del calcio è ormai “legge” che per organizzare in modo programmatico una società gli investimenti maggiori dovrebbero essere fatti in quelli che italianamente vengono definiti i vivai e le scuole calcio.
Luoghi questi in cui far crescere talenti e farli approdare nelle prime squadre per poi immettirli nel mercato durante la maturazione del giovane calciatore.
Questo semplice modello di business consente da sempre di fare le cosidette “plusvalenze” che permettono poi alle società di dare continuità e programmare il futuro e gli obiettivi.
Nel mondo il vivaio più famoso e prolifero è certamente quello del Barcellona, la cosidetta cantera, in Italia negli ultimi anni si è imposto invece quello dell’Atalanta con risultati che si sono ripercossi in modo tangibile sulla prima squadra e sulla società che da anni è ai vertici del calcio italiano e si sta affacciando prepotentemente sui palcoscenici europei.
E il Cosenza Calcio? Beh la gestione Guarascio fino adesso è stata decisamente “cieca” verso i vivai e verso la costruzione di un centro sportivo in grado di promuovere, valorizzare e far crescere i talenti calabresi. Forse è proprio questo il punto nevralgico e la maggior colpa di questi campionati cosi altalenanti in termine di continuità di risultati.
Se molti osservatori e giornalisti hanno accentrato il giudizio su Guarascio sulla storica, insperata e “miracolosa” promozione in Serie B di qualche anno fa nonchè la salvezza dello scorso campionato anche essa “miracolosa”, altri gli hanno sempre criticato la pochissima attenzione verso il settore giovanile con le varie compagini costrette a vagabondare nelle piccole scuole calcio della provincia senza avere una”casa” propria.
Eppure molti direttori sportivi che si sono avvicendati aveano ben chiaro il modello di business per la crescita societaria, ovvero investire sulla “cantera” cosentina, putroppo il patron Guarascio non ha mai appoggiato questo passaggio e forse è proprio qui l’errore più grande e quello che gli osservatori più attenti stanno sottolineando in queste ore di dura contestazione.
Il motivo di questo mancato investimento resta al momento oscuro e complice la poca voglia di Guarascio di esporsi pubblicamente si presta alle interpretazioni anche le più “complottistiche”.
Eppure il calcio calabrese ha da sempre sfornato talenti e giocatori che si sono affermati quando questi sono stati messi in condizione di crescere e di essere seguiti. La gestione di quelli che oggi definiremmo “presidenti tifosi” era stata improntata proprio sullo sviluppo della “cantera” cosentina e i risultati in quegli anni sono stati molteplici.
Ricordiamo Gennaro Gattuso, Domenico Berardi e Simone Perrotta, Stefano Fiore che hanno indossato la maglia della nazionale italiana, e tanti altri che nei vari decenni hanno trovato la crescita proprio a Cosenza e portato introiti importanti e che nel 1993 riusci adirittura a vincere lo scudetto nella categoria Beretti contro i vari Totti, Del Piero e giocatori che sarebbero poi entrati nella leggenda italiana.
La gestione di Gianni Di Marzio, vero talent scout a livello mondiale, nei suoi anni cosentini aveva centrato subito il problema mettendo su un “reparto” calabrese di scouting che coinvolgeva il futuro calciatore, la famiglia, l’istruzione e fornendo tutte le infrastruture necessarie.
Perchè questo processo si è fermato e perchè il presidente Guarascio non si è lasciato mai coinvolgere e innamorare di una neveau cantera cosentina?
Questa è la domanda che vorremmo fargli quando finalmente deciderà di dare seguito alla richiesta della stampa di avere un confronto in una conferenza stampa.